L'ottavo anello: la brama
«Condizionata dalla sensazione nasce la brama. Vi sono tre tipi di brama, quella legata ai piaceri dei sensi, alle cose materiali e alle cose immateriali»
L’ottavo anello dei dodici è direttamente figlio del settimo, la sensazione. Dal contatto (sesto anello) nasce la sensazione (settimo anello) e dalla sensazione nasce la brama (ottavo anello) come un flusso interdipendente che lega un anello a un altro.
Per comprendere a fondo cosa intende il Buddha per brama consideriamo cosa Lui stesso dice: «scruta cosa c’è dentro il tuo desiderio, entra profondamente nella sua natura».
Il desiderio è ciò che caratterizza il cosiddetto «mondo fenomenico» o samsara, di cui tutti noi facciamo parte. Dal desiderio può nascere la brama e dalla brama può svilupparsi l’attaccamento verso una persona, una cosa, una situazione.
Gli oggetti del desiderio sono infiniti, possono essere tangibili o no e i testi riportano che sono «vasti come lo spazio e innumerevoli». L’oggetto desiderato non rappresenta però il desiderio vero e proprio poiché per sua natura è separato dall’oggetto, anche se possono sembrare identificati. Diversamente, se così non fosse, alla mente basterebbe desiderare una sola volta e una sola cosa ed essere completamente appagata, senza creare ulteriori oggetti di desiderio; invece, desidera continuamente. L’atto del desiderare è quindi un evento mentale: cosa succede quando desideriamo qualcosa?
Innanzitutto il Buddha ci insegna che il desiderio è inappagabile: tutti i tentativi che noi facciamo per cercare continuamente di compiacere il nostro continuo desiderare, sono soltanto fonte di sofferenza.
Il desiderio è un’attività specifica dell’ego, è una soddisfazione dello stesso: chi desidera lo fa per sé, per la propria famiglia, la propria nazione, tutte estensioni dell’ego. La mente egoica imputa che un determinato oggetto produca felicità e quindi lo desidera, lo brama fino a quando, riuscendo a ottenerlo, sposta il desiderio su un altro oggetto e così via, creando un vortice di sofferenza difficile da fermare.
L’ego colora l’oggetto del desiderio dei colori più belli per poi ricondurlo alla cenere più spenta!
Il principe Siddharta, divenuto adulto e consapevole di malattia, vecchiaia e morte, lasciò il palazzo reale e tutti i suoi averi, rinunciò ai piaceri mendaci e, giungendo alla perfetta Illuminazione, indicò il percorso per ottenere la liberazione dal desiderio.
Poiché tutta la struttura mentale dell’essere ordinario è mantenuta dall’appagare costantemente l’ego, Egli trovò il modo per far crollare questa costruzione, facendo cadere tutto il sistema derivato. Trovò la via che porta alla suprema Mente Illuminata e la insegnò.
Nemmeno l’ambito spirituale non è esente dal desiderio: per esempio, nel rapporto tra il discepolo e il Maestro, il desiderio e l’ego giocano un ruolo fondamentale. Un Maestro è infatti colui che ci trasmette l’insegnamento del Buddha atto a rivoltare le nostre menti statiche e rigide, sconvolgendo completamente il nostro ego, destabilizzandolo, agendo anche in maniera apparentemente incomprensibile per la nostra razionalità, se questo diventa necessario a far comprendere l’insegnamento al discepolo. Allo stesso modo, il discepolo non è solo uno studente che impara con brama di apprendimento nozionistico o culturale, ma è colui che vive un’esperienza reale di trasformazione graduale dei propri difetti mentali, sperimentando una profonda gioia interiore e il desiderio di avanzare nel sentiero spirituale sino all’Illuminazione.
Questi momenti di realtà - verità sono i momenti in cui il nostro ego può essere sconfitto, altrimenti costruirebbe saldamente le sue fondamenta, tessendo le sue reti che ingarbugliano i nostri sensi.
Questo processo è davvero molto difficile per noi, oggi: siamo «bombardati» dal mondo esterno e raramente ci rendiamo conto di averne uno interno così ricco e profondo!
Il desiderio è una grande energia, è un grande fuoco che occorre indirizzare bene.
Anche voler superare i propri limiti è un desiderio: sorretto da un’energia mentale positiva molto potente, per la legge di causa ed effetto, non potrà che conseguire un positivo sviluppo.